Esclusiva, Toni Nadal: "Nella vita non conta solo vincere, ma come si vince"
Al WiZink Center di Madrid si sono ritrovate diverse organizzazioni per parlare degli effetti positivi dello sport sulla salute di chi soffre di cancro alla prostata. Tra i presenti anche Toni Nadal che è intervenuto in qualità di padrino d'onore e, dopo la parte prettamente scientifica, ha gentilmente risposto alle domande di Flashscore.
Con il ritiro del nipote Rafa alle porte - avverrà in occasione della Final 8 di Coppa Davis a Malaga dal 19 al 24 novembre - era inevitabile chiedergli di ricordare le sue esperienze con il vincitore di 22 tornei del Grande Slam, ma c'è stato anche il tempo di parlare della gestione degli atleti d'élite, di Carlos Alcaraz (21), dell'uragano che ha devastato Valencia e di qualche altro argomento.
Inevitabilmente, devo chiederle di mandare un messaggio alle persone colpite dalla Dana e di dirci un po' se ha colpito Maiorca e come ha influenzato l'accademia di Rafa.
"Ovviamente la Dana ha colpito l'accademia. Ha fatto molti danni, ma credo che sia insignificante rispetto alla tragedia che abbiamo vissuto a Valencia, non solo i valenciani, ma tutti gli spagnoli. Ovviamente non è il momento di parlare di ciò che è successo a Maiorca. Io, in particolare, l'ho vissuto con grande tristezza, perché perdere tante vite di colpo è difficile, molto difficile. E poi vedere le immagini in tv è scoraggiante".
A livello più sportivo? Rafa si ritirerà tra poche settimane, cosa pensa del suo ritiro?
"Sarà anche un momento emozionante. Chiudere una tappa di oltre 20 anni, la tua, nel tennis professionistico, e farlo improvvisamente, è difficile. Ma, d'altra parte, eravamo pronti, sapevamo che questo momento doveva arrivare e che era molto vicino. Quindi, l'abbiamo presa come una cosa normale".
Il momento migliore per ritirarsi
A Rafa è stato rimproverato di non sapere come ritirarsi. Si dice che il modo in cui l'ha fatto Toni Kroos, al top, sia l'ideale. Pensa che ci sia un momento giusto per farlo?
"Le persone tendono sempre a incolpare gli altri per cose che non fanno loro stessi. Per Rafael è stato difficile ritirarsi perché, per chiunque, smettere di fare un'attività che ti piace e che hai fatto per molti anni, è difficile. In seguito, mio nipote ha vissuto un'altra realtà: per anni ha vissuto con problemi, con infortuni che è riuscito a superare. Questa volta non è stato così sebbene lui ci sperasse. Non è successo e quando ha capito che era impossibile, si è ritirato. Ma prima avrebbe voluto continuare, ovviamente".
Lei è stato l'allenatore di Rafa per molti anni. Lui pratica uno sport individuale, ma come si gestiscono questi atleti d'élite? Vediamo che Ancelotti viene criticato come "manager"... Lei gestisce questi sportivi più psicologicamente o meglio essere duri con loro? Com'è la loro quotidianeità?
"Beh... Penso che si attraversino delle fasi. Ovviamente, quando sei giovane, sei in un processo di formazione e poi quando raggiungi l'élite le cose cambiano. Sono stato un allenatore molto esigente, ma ho sempre cercato di trasformare questa richiesta in autoesigenza. Alla fine è il giocatore che dice dove vuole andare. L'allenatore accompagna, cerca di motivare quando è necessario, ma è una questione personale per ogni individuo. Lo sport agonistico è soprattutto impegnativo e bisogna esserne consapevoli".
Passaggio del testimone ad Alcaraz
A Malaga, durante la Coppa Davis, avverrà il passaggio del testimone ad Alcaraz?
"Penso che sia già ben organizzato. Alcaraz è già da qualche anno tra i migliori al mondo. È un grande giocatore e credo che, fortunatamente per gli spagnoli, abbiamo un giovane che ci darà grandi soddisfazioni e che ci farà divertire in molte domeniche di finali importanti".
Rafa è una leggenda. Sicuramente il miglior sportivo spagnolo della storia. È al Roland Garros che ha brillato di più. Com'è stato il passaggio dall'essere odiato alla venerazione del pubblico francese?
"Il primo anno non ha avuto alcuna ostilità. Penso che dopo, quando ha iniziato a vincere così tanto, la gente non voleva vedere vincere sempre lui. Ma credo che alla fine il pubblico francese si sia arreso al comportamento di Rafael, perché nella vita non conta solo vincere, ma anche come si vince. Credo che Rafael lo abbia fatto molto bene ed è per questo che la Francia è cambiata, a tal punto da concedergli l'omaggio che gli hanno dato alle Olimpiadi.