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Juventus-Atalanta, il paradosso di Gasperini, bianconero mai scelto da Agnelli

Antonio Moschella
Juventus-Atalanta, il paradosso di Gasperini, bianconero mai scelto da Agnelli
Juventus-Atalanta, il paradosso di Gasperini, bianconero mai scelto da AgnelliProfimedia
L'allenatore della Dea ha vissuto vent'anni alla Juventus tra calciatore della Primavera e tecnico delle giovanili, ma non è stato premiato con la possibilità di allenare la Vecchia Signora

Nato in provincia di Torino e cresciuto da giovane con la maglia bianconera addosso. La vita di Gian Piero Gasperini sembrava essere quella di un predestinato a difendere i colori della Vecchia Signora, che svettava sopra la Mole su tutto il calcio italiano. Eppure, la società con la quale ha avuto l'identificazione più immediata non ha mai riconosciuto in qualche modo il suo status di figlio. La Juventus che domenica sfiderà con la sua Atalanta, che invece lo ha adottato, è proprio come quella madre biologica che con il tempo ha quasi dimenticato la sua prole.

Entrato a nove anni nel settore giovanile bianconero, dove sarebbe diventato centrocampista, al momento del grande salto Gasperini fu ceduto prima alla Reggina e poi al Palermo. Due addii molto simbolici che fecero subito capire come, dal punto di vista del talento, il ragazzo di Grugliasco non potesse far parte di uno squadrone che dal 1971 avrebbe vinto sette titoli nazionale in dieci anni. Da allenatore, invece, il Gasp vide invece aprirsi una porta importante a Torino nel 1994. La porta era quella dei Giovanissimi, attraverso la quale avrebbe iniziato un percorso che sarebbe culminato con la vittoria del torneo di Viareggio con una squadra Primavera nella quale spiccavano i vari Mirante, Cassani e Palladino.

Il fallimento all'Inter

Quella vittoria fu il secondo impulso a emigrare per il tecnico piemontese, che prima approdò a Crotone e successivamente fu ingaggiato dal Genoa, squadra con la quale iniziò a dare dimostrazione delle sue elevate abilità da stratega. Abilissimo nel valorizzare la prima punta di un 3-4-3 diventato uno dei suoi moduli più utilizzati, in rossoblu il Gasp si guadagnò l'opportunità di allenare l'Inter fresca campione del mondo per club. Le aspettative, però, non furono attese, vuoi per la stanchezza di una squadra spremuta da José Mourinho e appagata dal triplete, vuoi per il poco tempo datogli. Dopo un passaggio al Palermo e il ritorno al Genoa, il Gasp fu ingaggiato dall'Atalanta, con la quale ha scritto la storia che tutti oggi conosciamo.

Bergamo, casa sua

Lo scontro di domenica con la società che lo ha visto nascere sia da calciatore sia da tecnico sarà la 13esima di sempre dell'allenatore piemontese, ormai figlio assoluto di una Bergamo che nel 2019 lo ha insignito cittadino onorario. Vincitore solo in due occasioni sulla squadra bianconera, l'ultima delle quali nella trasferta dell'anno scorso grazie a un solitario gol di Duvan Zapata, il Gasp vive questo confronto con la calma di chi ormai è tutt'uno con la piazza bergamasca, la cui sfumatura di nerazzurro gli è entrata nel cuore e nell'anima. Gli ottimi risultati degli anni recenti con la Dea ne hanno confermato lo status d'intoccabile a Bergamo.

 "Siamo ancora distanti dalle big, una distanza che misureremo domenica con la Juventus" le sue parole dopo la grande vittoria in Coppa Italia sullo Spezia, a conferma di un ottimo momento di forma. La Vecchia Signora, una big in tutti i sensi, è quella società dalla quale lui paradossalmente è sempre stato troppo lontano una volta arrivato ai vertici. Per alcuni mai veramente voluto da Agnelli, per altri sempre chiuso da nomi importanti, Gasp ha ormai trovato a Zingonia il suo habitat naturale. Ed è lì che sfiderà nuovamente quella Juve che ormai non è più sua. E che forse non lo è mai stata.