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Champions League, Tottenham: la 'saudade' di Antonio Conte

Raffaele R. Riverso
Antonio Conte
Antonio ConteAFP
L'eliminazione rimediata contro il Milan nella massima competizione ha messo in evidenza i limiti caratteriali di una squadra al quale il tecnico pugliese non è riuscito a trasmettere la propria grinta. Probabilmente perché ne è a corto

Ci siamo sbagliati tutti. Almeno quelli che eravamo convinti che il Milan avrebbe sofferto le pene dell'inferno per tornare da Londra con la qualificazione in tasca: "Il Tottenham sarà arrembante. Bisognerà resistere", le previsioni dei più ottimisti. Nulla di tutto ciò.

Non che quella dei rossoneri al Tottenham Stadium sia stata una passeggiata di salute. Tuttavia, se a Stefano Pioli avessero detto che la sua squadra avrebbe fatto più tiri in porta (3) degli inglesi (2), probabilmente il tecnico emiliano si sarebbe fatto una bella risata.

Così come se gli avessero detto che a finire con un uomo in meno e con più cartellini gialli (tre contro uno solo del Milan, arrivato soltanto in pieno recupero) sarebbe stato il Tottenham di Conte, anche lui ammonito. E, invece, è andata proprio così e, senza voler togliere meriti a Maignan e compagni, la sensazione è che il club inglese e il proprio allenatore non abbiano messo in campo tutto quello che avrebbero potuto. 

A cominciare proprio dal tecnico pugliese. E già, perché le aspettative che si erano create attorno alla gara di ritorno degli ottavi di finale di Champions League erano figlie proprio del suo carattere indomito, della sua grinta. Caretterisiche che è sempre riuscito a trasmettere alle proprie squadre.

Ed è per questa ragione che se è vero che non è di certo il primo flop europeo di Antonio Conte, è altrettanto vero che questa volta è andata addirittura peggio delle precedenti. E, del resto, è già da qualche tempo che il manager leccese si dedica periodicamente a lasciar intendere di non sentirsi più a casa al Tottenham Stadium.

Sotto questo aspetto, la scomparsa di Gian Piero Ventrone ha giocato, senza dubbio, un ruolo fondamentale, inducendo l'ex tecnico di Inter e Juve a riflettere sul proprio presente e "sulle persone care" alle quali sta rinunciando per ragioni professionali. Ne vale davvero la pena?

Con una premessa del genere è normale che né lui, né il suo Tottenham potessero scendere in campo con l'occhio della tigre necessario a ribaltare l'eliminatoria contro il Milan. Anche lo stesso Harry Kane è sembrato spento, come se avesse capito in anticipo che pure quest'anno non avrebbe vinto nulla e, allo stesso tempo, che quello che ha definito "l'allenatore giusto per conquistare titoli" andrà via presto e lo lacerà di nuovo solo.