Per la folle corsa verso la Champions promessa ora DDR può contare anche su Abraham
Ci credevano forse in pochi, che Daniele De Rossi potesse davvero cambiare la Roma da così a così. Lui, senza dubbio, ha assunto l'incarico di tecnico della sua squadra del cuore con il cuore che batteva all'impazzata, realizzando il sogno di poter difendere i colori giallorossi anche da allenatore, dopo esserne stato un simbolo in campo. Dopo un cursus honorum relativamente corto ma intenso, il nativo di Ostia è stato buttato in pasto ai leoni e ne è uscito fuori più vivo che mai, da autentico gladiatore.
Euforico nei festeggiamenti dopo il derby vinto contro la Lazio, la guida apparentemente ad interim della Roma ha esultato con lo stesso trasporto di come faceva da mediano, dove dava battaglia senza perdonare niente agli avversari e senza risparmiare una sola goccia di sudore. Il trionfo nella gara più sentita di tutte, dopo che il suo predecessore José Mourinho non era riuscito a vincere neanche un derby su sei (rimediando quattro sconfitte), è stato uno scatto in avanti importante. Ma non solo.
Svolta
Perché Daniele da Ostia ha portato a Trigoria l'entusiasmo del tifoso, del Peter Pan, di colui che da giovane ha voluto già scottarsi col fuoco sacro della conduzione di una squadra che è la rappresentazione di una società sempre sopra le righe, a prescindere dalle proprietà. Come accaduto quando ha debuttato da calciatore, De Rossi si è subito buttato nella mischia per tirare fuori la Roma dalla mediocrità nella quale l'allenatore portoghese, un demiurgo ormai troppo legato a concetti ammuffiti, l'aveva trascinata. Serviva una svolta stimolata da qualcuno che non avesse paura di cambiare, e che conoscesse l'ambiente. Ed è arrivata.
Quando l'ex capitano ha preso in mano la direzione della squadra, infatti, i giallorossi orbitavano al nono posto in classifica e venivano da una netta sconfitta per 3-1 in casa del Milan. A partire dall'arrivo di De Rossi in panchina, sono arrivate tre vittorie di seguito, quasi tutte con il merito di aver proposto un calcio propositivo, associativo e sicuramente più divertente di quanto espresso sotto Mou. In totale, nelle 11 partite della gestione dell'allenatore ostiense la Roma ne ha vinte otto, pareggiate due e persa solo una con l'intrattabile capolista Inter. Un bilancio più che soddisfacente per un esordiente.
La carica di Abraham
La spinta di De Rossi dalla panchina ha motivato tutti a far meglio, e adesso la squadra giallorossa è lanciatissima nella volta Champions, nella quale adesso si trova quinta con soli tre punti in meno del Bologna. Per evitare qualsiasi tipo di calcolo relativo alla possibile validità del quinto posto per accedere alla prossima edizione del torneo più importante e ricco del continente, la Roma tutta deve andare all'assalto dei felsinei, contro i quali giocherà lo scontro diretto tra due giornate, lunedì 22 aprile. Uno scontro che potrà dire tantissimo e che varrà doppio per forza di cose.
A questo scontro De Rossi arriverà dopo la trasferta di Udine, mentre Motta dopo la partita casalinga col Monza. Due piccole trappole prima della grande trincea dalla quale scatenare la battaglia che potrebbe essere decisiva. E in questa volata così importante potrebbe avere un ruolo cruciale Tammy Abraham, centravanti tornato al servizio della compagine capitolina dopo un grave infortunio al crociato che lo ha tenuto fermo nove mesi.
Tornato in campo con l'entusiasmo giusto, quello del suo allenatore, l'inglese potrebbe essere un'ulteriore arma a disposizione di De Rossi per questo rush finale. Uno scattista ideale per le partite rognose. Un altro pistone che può spingere il motore giallorosso nello scatto decisivo, per quella qualificazione Champions che sarebbe quasi come uno Scudetto. Con Daniele da Ostia a culminare la sua rivoluzione.