Lobotka-Anguissa-Zielinski: il vero tridente del Napoli campione d'Italia
Lobotka, il direttore d'orchestra
Il grande merito di Luciano Spalletti è stato quello di capirlo e aspettarlo. Non è stato facile per il mediano slovacco guadagnarsi la fiducia dei tifosi napoletani che lo avrebbero rimandato volentieri a Vigo. E, invece, Stanislav Lobotka aveva solo bisogno di un po' di fiducia, quella che il tecnico toscano ha deciso di dargli quand'è arrivato al Maradona.
E, del resto, per sviluppare il tipo di gioco che l'allenatore del Napoli aveva in mente, non poteva esserci un regista migliore: dinamico, intenso, continuo, sempre pronto al sacrificio e dall'invidiabile lucidità in ogni momento della partita, nonostante i tanti chilometri macinati. Caratteristiche che lo hanno portato a essere considerato uno dei migliori registi arretrati d'Europa.
Insomma, il playmaker perfetto per una squadra costruita per alternare il palleggio orizzontale alle rapide verticalizzazioni. L'uomo giusto al posto giusto: un vero e proprio punto di riferimento per i propri compagni: un direttore d'orchestra sempre con la battuta in mano, pronto ad abbassare o aumentare i giri dell'incontro.
Anguissa, l'orchestra
Ecco, se Lobotka è il direttore d'orchestra, Zambo Anguissa potrebbe tranquillamente essere tutta l'orchestra. Il crack discreto del Napoli, il centrocampista totale: decisivo sia quando si tratta di difendere la propria area di rigore che quando arriva il momento di attaccare quella avversaria, diventando l'importantissimo uomo in più.
Volgarmente lo potremmo definire un rubapalloni con il vizio del gol. Se volessimo fare gli esterofili, un chiaro esempio di box-to-box. Ricorrendo invece a un francesismo, il trait d'union del reparto di centrocampo e, più in generale, di tutta la squadra. Fondamentale, anche nel suo caso, la decisione di Spalletti di permettergli di fare un passo in avanti dopo l'addio di Fabian Ruiz.
È stato così che è riuscito a convincere anche i più scettici di poter essere importante anche dalla cintola in su. E, del resto, con un'esuberanza fisica del genere era solo questione di tempo, abitudine e opportunità. Non a caso, nella gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League contro il Milan, la sua assenza, a causa della polemica espulsione rimediata a San Siro, si è fatta notare maggiormente non in fase difensiva, ma offensiva.
Zielinski, il solista
Uno dei migliori centrocampisti della Serie A. Secondo Zibi Boniek, di tutto il vecchio continente. E come dare torto al Bello di notte, uno che di classe se ne intende e non poco. A livello tattico, Piotr Zielinski è probabilmente l'unico calciatore insostituibile dell'undici titolare di Spalletti.
Non è semplice, infatti, trovare nel panorama europeo un giocatore con le sue caratteristiche. Mezzala o trequartista. Anzi, Mezzala e trequartista. La sua privilegiata capacità di leggere i diversi momenti della partita lo hanno, infatti, sempre aiutato a occupare automaticamente una posizione o l'altra senza bisogno che l'ordine arrivasse dalla panchina.
Nel suo caso, prima del tecnico toscano, era stato Gennaro Gattuso a trasformarlo nel perno offensivo del proprio Napoli proprio per il suo grande dinamismo, la sua intelligenza tattica e le sue doti tecniche che, tra le altre cose, ne fanno uno dei migliori tiratori scelti del campionato.
Così come Osimhen e Kvaratskhelia, Zielinski è uno di quei campioni in grado di risolvere una partita da solo, estraendo dal cilindro uno dei suoi tanti colpi genio sotto forma di gol, assist, dribbling o improvvise accelerazioni. Un virtuoso del pallone: l'irrinunciabile solista del centrocampo campione d'Italia.