Il sabato del villaggio di una Napoli che trattiene il fiato ma già festeggia
Laura è arrivata in autostop a Napoli da Bologna, dove era in vacanza. Lei, argentina di 39 anni, cresciuta con il culto di Diego Armando Maradona, ha deciso di arrivare nella città dove il Diez argentino divenne eterno per non perdersi un momento unico. "La passione che ho per Maradona mi ha fatto pensare che non potevo perdere un'occasione del genere. E una volta parlato con degli amici che vivono qui, ho detto che dovevo essere a Napoli questo weekend", esclama Laura, che con un'amica ha deciso di fare autostop per avvicinarsi, visti i prezzi esorbitanti di un treno da Bologna a Napoli: "Siamo riuscite ad arrivare a una stazione di servizio nei pressi di Roma dopo aver preso un passaggio da un camion. Poi, l'ultima tappa l'abbiamo fatta in regionale. Non potevo perdermi questa festa". Il resto l'ha fatto il divano di alcuni amici suoi, che non hanno potuto esimersi dal ricevere le ospiti improvvisate.
Una festa che a Napoli aspettano da esattamente 33 anni. Più precisamente da quel 29 aprile nel quale la squadra azzurra sconfisse la Lazio e conquistò matematicamente il suo secondo Scudetto di sempre. Se all'epoca c'era Maradona, però, oggi è il trionfo della squadra, come ribadito da un gruppo di persone seduto a un tavolo nel tipico quartiere di Forcella: "Diego era un extraterrestre. Nessun altro sarà come lui. All'epoca il Napoli vinse perché c'era lui in squadra, ma oggi è la vittoria di un gruppo".
L'atmosfera di allegria e giubilo si sente in ogni angolo della città. Se solitamente camminare per le strade dei Decumani, di Forcella, del Vasto e dei Quartieri Spagnoli è già di per sé arduo, nel weekend in cui il Napoli potrebbe festeggiare ufficialmente il suo terzo titolo di sempre la ressa è quadruplicata rispetto al solito. Per raggiungere lo storico murales che ritrae Maradona in via Emanuele De Deo occorre sgomitare e fare dribbling tra la folla. Tra i presenti, oltre a Laura, altri argentini arrivati dalla Spagna e da altri luoghi del mondo. Uno di loro, Gunter, alloggia a Pompei perché non ha trovato posto in città. Ma a lui, tifoso dell'Argentinos Juniors, la prima squadra di Maradona, non importa: "Mi basta stare qui, poi posso muovermi anche a piedi". Del resto, il pellegrinaggio dei napoletani a Pompei per chiedere la grazia è qualcosa di storico, e in molti potrebbero decidere di percorrere a piedi i 24 km che separano il capoluogo dal santuario più importante della regione in caso di certificazione della vittoria.
Turisti da ogni parte d'Europa e del mondo e autoctoni si uniscono in canti e balli, con gli stranieri che provano a comunicare con coloro che da decenni reggono bancarelle informali. L'intesa è a gesti, perché alcuni dei gestori locali appena masticano l'italiano, mentre l'inglese viene usato solo da alcuni dei più giovani. Adesso, però, l'unica koiné che serve è quella della gioia, gioia di un clima di festa che da settimane si è posato nei vicoli della città e adesso si avvicina al climax definitivo.
L'ambiente brulica di entusiasmo, ovunque si sentono scoppi di petardi e si intravedono i fumogeni. I cori dei tifosi si susseguono l'un l'altro, mentre il clima sembra quello di Capodanno, il momento nel quale le automobili vengono messe in garage e le strade vengono occupate in toto dalla gente. Perché la festa è della gente, dei bambini che giocano innocentemente per strada e quasi non sanno cosa sta accadendo e degli anziani che hanno vissuto l'epoca d'oro quando popolavano loro le gradinate dell'allora stadio San Paolo.
È un sabato che nonostante un po' di pioggia e il cielo grigio è stato reso sereno dalla gente. Gente che aspetta un evento da 33 anni, dopo aver trattenuto il fiato a più non posso. È il sabato del villaggio leopardiano, quel villaggio che sente il dì di festa come se l'attesa fosse essa stessa la celebrazione. Domani, sarà un altro giorno. Forse storico.