Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità
Di più

Dall'Obelisco al Vesuvio, la "Mano de Dios" di Diego benedice le squadre del cuore

Antonio Moschella
Diego Armando Maradona
Diego Armando MaradonaProfimedia
Lo spirito di Diego è sembrato decisivo in un periodo di cinque mesi nel quale la sua Argentina e la sua Napoli hanno vissuto di un'emotiva e devota fede nei suoi confronti

"Non è vero, ma ci credo", avrebbe esclamato Eduardo De Filippo. Il celebre drammaturgo napoletano, che come il suo amico e  illustre concittadino Totò non riuscì a vivere il mito di Diego Armando Maradona, fornisce la migliore delle massime per poter descrivere il momento che vive la città di Napoli. Ma non solo. Perché il filo rosso quasi invisibile che collega l'urbe alle pendici del Vesuvio con Buenos Aires, un filo tracciato dal mito calcistico argentino, è oggi più percettibile che mai.

Dal calcio di rigore segnato da Gonzalo Montiel in finale contro la Francia il 18 dicembre 2022 fino al gol di Giacomo Raspadori a Torino domenica 23 aprile, sono passati cinque mesi nei quali l'aura del Pelusa ha 'benedetto' i giocatori di Argentina e Napoli, le due metà del cuore di Diego, che dopo il suo addio al mondo è risultato nuovamente decisivo. Stavolta dall'altro.

Un Obelisco in festa

La festa a Buenos Aires
La festa a Buenos AiresAntonio Moschella

L'intera Buenos Aires che spargeva la sua gioia in ogni angolo della città dopo la vittoria del terzo titolo mondiale non dimenticava l'aiuto ricevuto dall'alto. Perché già prima dell'inizio della competizione planetaria l'entusiasmo era infinito, e si sentiva la presenza di Diego come quella del classico deus ex machina in grado di agire in modo risolutivo. La squadra, che veniva dalla vittoria della Coppa America, era unita in intenti e propositi, e la presenza di Lionel Messi come dioscuro dava adito a qualsiasi speranza di vittoria.

Tuttavia, vuoi per l'influenza della cultura popolare di matrice italica vuoi per l'indole tribale dei Gauchos, in Argentina tutti speravano nell'influenza del Diez. Morto nel novembre del 2020, dall'aldilà Maradona aveva spinto l'Albiceleste al trionfo al Maracanà, ed era la grande figura celestiale alla quale rivolgere le preghiere di un paese intero. Il talento di Messi e la solidità di una squadra compatta non bastavano: serviva la mano de D10S, stavolta metafisica. E così è stato. L'intervento di Emiliano Martinez a fermare Kolo Muani, evitando il 3-4 della Francia all'ultimo secondo, fu inoltre realizzato col mancino, il piede proprio di Diego. La sublimazione del miracolo tanto agognato.

Il Vesuvio in eruzione

Napoli azzurra
Napoli azzurraAntonio Moschella

Dopo la vittoria mondiale dell'Argentina, anche a Napoli iniziarono a pensare che l'aiuto del Diez dall'alto potesse protrarsi fino all'estate boreale, dopo aver bagnato di felicità quella australe. La cavalcata della squadra di Luciano Spalletti somigliava in qualche modo a quella dei ragazzi di Lionel Scaloni, con tutte le distanze da prendere relativamente al tipo di competizione e al materiale umano a disposizione. In comune, i due tecnici hanno le iniziali di nome e cognome, e poco più, visto che il toscano è navigatissimo e il santafesino un debuttante vincente.

Il Napoli, infatti, nonostante la presenza di giovani fenomeni come Osimhen e Kvaratskhelia, non disponeva certo di un fuoriclasse come Messi. Inoltre, all'ombra del Vesuvio vincere non era certo un'arte conosciuta a menadito, mentre invece la Selección ha comunque nel sangue i globuli dei grandi rappresentati del calcio mondiale. 

Quanto fatto dall'aura di Diego nei confronti del Napoli, dunque, assume davvero i connotati del miracolo. Ancora più di quanto accadde nel 1987 e nel 1990, quando lui era in campo per fare la differenza con la sua classe e il suo carisma. Trascinatore assoluto in campo, creando dal nulla una squadra vincente, Maradona oggi non è più fisicamente tra di noi. Eppure a Napoli, così come all'Obelisco di Buenos Aires, tutti credono che dall'iperuranio sia intervenuto lui a contribuire all'exploit. L'exploit di un gruppo umile e senza figure stratosferiche, che oggi si prepara a far festa come 36 anni fa, quando Diego da capitano dell'Argentina campione del mondo era tornato a Napoli per incarnare la sua seconda rivoluzione in meno di un anno. Nel segno di un ricorso storico innegabile. Con il Vesuvio a prendere la rincorsa per l'eruzione più sentita.