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Banchero: "Senza il Covid avrei già giocato per la nazionale italiana a 17-18 anni"

Paolo Banchero durante la gara tra le Rising Stars dell'ultimo All-Star Game
Paolo Banchero durante la gara tra le Rising Stars dell'ultimo All-Star GameAFP
L'ala pivot degli Orlando Magic deciderà in estate se difendere i colori azzurri o quelli del Team Usa: "Da allora sono successe un sacco di cose: sono andato al college, ho fatto quello che ho fatto a Duke, sono diventato il n°1 al Draft..."

La speranza deio tifosi di Orlando è quello di vederlo alzare, alla fine della stagione, il premio di rookie dell'anno. Per quanto riguarda, invece, i colori azzurri, i fan italiani hanno un solo desiderio: "Paolo Banchero in nazionale".

Una scelta - Team Usa o Italia - che l'ala pivot dei Magic ha già fatto sapere che prenderà prima della fine di quest'estate e della quale ha parlato nell'ultima puntata del podcast "Knuckleheads" ospite di Quentin Richardson e Darius Miles. 

Knuckleheads: "Hai la cittadinanza italiana?"

Paolo Banchero: "Sì"

K: "Quindi potresti giocare per la loro nazionale?"

PB: "Sì, potrei farlo". 

K: "Ma giocherai per Team USA, vero?"

PB: "Non lo so ancora, questa è la domanda che mi fanno tutti in continuazione".

Paolo Banchero
Paolo BancheroAFP

Subito dopo, il botta e risposta iniziale, Paolo ha ricordato le sue origini italiane, che risalgono al bisnonno: "Mio padre si chiama Mario, suo fratello Giulio e mio zio Angelo. Abbiamo tutti questi nomi italiani, e ovviamente crescendo mi sono chiesto da dove arrivassero. Ma io e mio padre non siamo mai stati in Italia, sto cercando di organizzarmi per andarci in estate perché mio padre mi ha sempre ripetuto di volerci andare, prima o poi, per incontrare quel lato della nostra famiglia che è ancora lì. C'è stata l'opportunità di avere il passaporto italiano, e diventare cittadino italiano, e l'ho colta".

A far propendere la sua decisione verso la nazionale azzurra potrebbero essere le delusioni avute in passato con il Team Usa: "La cosa assurda è che tante volte ho fatto dei provini per Team USA, per la squadra juniores, ma sono sempre stato scartato. Quand'ero al liceo Team USA mi ha dato più di una delusione, se devo essere sincero: mi hanno tagliato più volte, lasciandomi spesso l'amaro in bocca. Allora la Federazione Italiana si è fatta sotto con mio padre, quando avevo 16-17 anni, e mi hanno aiutato a ottenere il mio passaporto italiano e la cittadinanza". 

E ammette: "Se non ci fosse stato il Covid con ogni probabilità avrei già giocato per la nazionale italiana già a 17-18 anni, e molto probabilmente non mi sarei fatto scappare quell'opportunità. Poi però si è fermato tutto, e da allora sono successe un sacco di cose: sono andato al college, ho fatto quello che ho fatto a Duke, sono diventato il n°1 al Draft - per cui adesse le cose sono un po' diverse, soprattutto perché a capo di USA Basketball oggi c'è un ex giocatore proprio di Duke (e di Orlando) come Grant Hill. Insomma, c'è una decisione da prendere"